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Piazza Bologna: A passeggio con le bollette in mano

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Bollette da pagare e la solita fila eterna davanti? Bene! L'occasione è ghiotta per ammirare un'opera d'arte utile: l'ufficio postale di piazza Bologna, splendido esempio di architettura Razionalista. Segui Gaia alla scoperta di Roma

Dicono che Mussolini, quando decise di rifare la faccia della Città Eterna in chiave propagandistica, s’immaginò di fare come un Haussmann a Parigi o come i papi di Roma barocca. 

E infatti, la “mano” razionalista che qua e là fa capolino fra i panorami soliti della capitale è un segno estetico da cui non si può prescindere quando dedichiamo del tempo alla scoperta della città. Del resto, non puoi far mica finta che piazza Augusto Imperatore sia solo un fondale di scenografia, né che l’Eur sia in un’altra città.

È vero però che, spesso, la visione di suddetti monumenti provoca sbuffi e attacchi di orticaria in chi proprio non sopporta l’idolatria della funzione, le forme pomposamente magnifiche, gli atri spogli degli uffici della pubblica amministrazione. C’è però tutta un’altra tipologia di persone che invece ha deciso di lasciarsi alle spalle la “Storia” e i suoi errori per godersi qualcosa che ormai è parte integrante di Roma e, tutto sommato, neanche uno dei suoi aspetti peggiori. Chi non ha mai pensato che proprio l’Eur non sia completamente orrido? E chi non si è mai fermato un istante a pensare: “però! Alla fine non è niente male” davanti all’ufficio postale di Ostia o a quello testaccino di via Marmorata?

Non è niente male, questo Razionalismo di regime senza il regime di mezzo e con oltre sessant’anni di storia alle spalle. E proprio a un altro ufficio postale bisognerebbe far riferimento per raccontare questa parte della città. Il più ignorato da chi non è di Roma, il più usato per darsi appuntamento a piazza Bologna.

Ma c’è una cosa in più che si aggiunge a questa passeggiata con le bollette in mano: tutta la zona si è sviluppata molto prima del Ventennio, è figlia del Primo piano regolatore di Roma, il cui decentramento degli uffici pubblici fu poi mutuato da tutti i progetti urbanistici sulla capitale fino ai giorni nostri. 

Insomma, se si decide di mettere piede a piazza Bologna per pagare la luce e godersi anche un piccolo pezzo di Razionalismo italiano, bisogna mettere in conto pure un giro fra le sue strade per vedere di cogliere quell’aspettativa e la fiducia nel futuro che ebbero molti anni prima di Mussolini gli amministratori della capitale. 

All’inizio del Novecento, piazza Bologna era il quartiere del futuro, insieme a Prati, a San Saba, alla povera San Lorenzo in cui – sempre secondo le intenzioni degli stessi amministratori – sarebbero dovuti finire i paria di questo futuro imminente. 

Andrebbe scritto a lettere di fuoco: quel futuro a Roma non arrivò (e neanche vent’anni più tardi quando si erigevano uffici postali di cemento, dall’aria imponente). Ma andare a constatare di persona è comunque un omaggio che si paga a quel primissimo piano regolatore in cui si fissavano limiti e regole allo sviluppo del cemento nella capitale. E anche questo andrebbe impresso col fuoco: fu inutile. Le palazzine (cioè i palazzetti a quattro piani, habitat ideale dei palazzinari) diventarono “di moda” proprio per eludere quei progetti e quelle regole. Le palazzine diventarono un “trend” capitolino esattamente a partire da questa parte di piazza Bologna. 

Non che lo spettacolo sia brutto, ovviamente. Intorno alla piazza un sistema di palazzoni e palazzine forma una corona all’ufficio postale progettato dall’architetto Mario Ridolfi fra il 1933 e il 1935, il tutto – nonostante il traffico bestiale di oggi – ha acquisito un gusto retro e un fascino che non gli si può più negare. Occorre andare, perdersi per un pomeriggio nella piazza e fra le traverse, ammirare le Poste di Ridolfi (anche solo dall’esterno, gli interni sono stati completamente smantellati e ricostruiti anni fa) e scavare con uno sguardo laico in quel futuro di Roma che non è mai arrivato. Ne rimarrete stupiti.





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