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Pantheon: Un girotondo di martiri e dèi

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È fra i monumenti più conosciuti di Roma, ogni giorno preso d'assalto da schiere di turisti. Di seguito, una piccola guida per godersi il Pantheon al meglio, a prescindere dalla folla. Segui Gaia per scoprire una Roma diversa

È bello svicolare dalle parti del Pantheon, lasciarsi dietro le strade principali e cominciare a perdersi fino a farsi sbaragliare dalla sagoma di uno dei templi più antichi della Città Eterna.


 E' un gioco sempre divertente anche se non c'è più niente da scoprire: il Pantheon è sempre più affollato, la piazza sempre più gremita. 

L'appuntamento che i turisti si danno con questo monumento viene rispettato come una promessa, i romani sembrano quasi scomparire in questa fotografia di una giornata qualsiasi nella zona della Rotonda

Eppure proprio la piazza è stata, nei secoli passati, uno dei centri nevralgici della Roma popolare. Alla Rotonna c'erano i norcini, i banchi di chi vendeva cacciagione e pollame. Era un mercato affollato - quello sempre - ma meno straniero e luccicante.
 
Vittima di un sortilegio irresistibile, oggi come ieri, l'umanità è attratta dalla sua cupola acquattata fra i palazzi del centro, dal pronao ombroso che trasuda tutti i suoi millenni e che si spegne, ai lati e dietro, in un gioco di semplici mattoni, un girotondo marrone scuro che sbuca sempre (e sempre all'improvviso) quando ci si perde fra i vicoli per raggiungerlo.

Ecco, lì davanti si dovrebbe pronunciare silenziosamente la parola "rotonda". 

Poi bisognerebbe perdersi in un rito solito, una specie di piccolo protocollo per farsi scorrere il Pantheon e la sua bellezza nelle vene, anche se solo per cinque minuti.
 
Primo: fare (o rifare) il conto dei suoi anni. Il vecchio tempio pagano dedicato a tutti gli dei è lì dal 25 avanti Cristo. E dal 125 d. C. è di nuovo funzionante, grazie all'intervento restauratore dell'imperatore Adriano che lo fece riedificare (nelle sue forme originarie) dopo un incendio. Ed è una chiesa cattolica dal 609, l'anno in cui l'imperatore Foca la donò a papa Bonifacio IV per dedicarla a tutti i martiri.

Secondo: indugiare mentre si entra nel pronao per godersi ogni variazione di luce e tutti i segni lasciati dal tempo, nel mosaico di targhe, lapidi, iscrizioni e crepe che si sono poggiate sui suoi marmi.

Terzo: alzare gli occhi verso la volta del soffitto e cercare la luce che entra attraverso il famosissimo occhio della cupola.

Quarto: domandarsi se davvero il pavimento sottostante non si bagna quando fuori piove e rispondersi che no, non è possibile, è solo una leggenda (e infatti è solo una leggenda). 

Il Pantheon si può visitare, guida alla mano, volteggiando dalla tomba di Raffaello a quella dei vari ex regnanti d'Italia sepolti qui, oppure può diventare parte di un'esperienza meno razionale, basta dedicargli la giusta attenzione e lasciarsi trasportare dagli stimoli visivi: la luce che arriva dall'occhio e i riflessi che disegna sulle decorazioni della volta, tanto per fare un esempio.

 O rispondere a quell'istinto a perdersi nei vicoli del centro storico ogni volta che si vuole venire da queste parti. Il gioco sta tutto nel farsi stupire dalla sagoma del Pantheon che sbuca fra i palazzi. 

Non importa come e perché ci si va, se è la prima volta o la centomilionesima. È sempre piacevole riconoscere la sua mole di mattoni e marmo, il suo carico di anni, la sua storia così lunga. Anche se ogni volta è più affollato, e ogni volta ci sono sempre meno romani.





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