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Primavalle. La periferia con i vicoli nel cuore

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Il primo insediamento di Primavalle lo formarono i romani cacciati dal centro dopo la costruzione di via dei Fori Imperiali nel periodo fascista. Appena arrivati, trovarono una borgata in cui non c'era nulla e, con pazienza e testardaggine, misero in piedi un quartiere in cui oggi il senso della parola comunità è ancora più vero. Venite a conoscere Primavalle con Gaia!

Via dei Fori imperiali è oggi un'arteria fondamentale per la viabilità nel centro storico di Roma. Fu costruita in epoca fascista, demolendo le case di un quartierino grazioso che si era accomodato nei secoli sulle rovine del Foro, dandogli in fondo nuova vita, come sempre è accaduto a Roma, fin dalla notte dei tempi. 


Le ruspe di Mussolini portarono via quindi una fetta importante della Città Eterna, distruggendo le case e i vicoli fecero forse un favore all'archeologia romana, ma non a Roma in quanto organismo vivente che comprende ruderi e abitanti.

Roma, da quel momento, fu un briciolo meno eterna. O meglio, la sua eternità divenne qualcosa di statico, piuttosto che un respiro unico che dura da quasi tremila anni.

I romani, dal canto loro, spodestati dalla strada che allora fu battezzata via dell'Impero, si sparpagliarono quindi nelle varie periferie e borgate che il regime stava dipingendo ai bordi della città. C'era Borgata Agreste (ora si chiama Acilia) con le casette basse (e le zanzare d'estate) e un pezzettino d'orto. C'era Ostia. C'era Primavalle. Ne nascevano in continuazione, prive di tutto, lontane dagli occhi dei turisti, ignare che avrebbero ospitato non solo uomini, ma anche un carico di risentimento e di nostalgia verso vicoli, case e ruderi che non sarebbero mai più esistiti se non nella memoria di qualcuno. 

A molti romani di via dell'Impero toccò Primavalle, dunque, nel profondo Nord capitolino a due passi, ma a distanze siderali, dalle varie via Flaminia, via Cassia, via della Camilluccia zone che abitualmente sono abitate dalla buona borghesia cittadina.

Non c'era nulla all'arrivo degli sfollati. Non c'erano strade né fognature. Quattro casette, i palazzoni che sarebbero arrivati di lì a poco, zero o qualche briciola di verde, servizi manco a parlarne. Torrevecchia e il Quartaccio, zone limitrofe che fanno parte dell'universo di Primavalle erano poco più di un appezzamento di terra negli ultimi lembi di campagna prima della città.

Furono gli stessi abitanti della borgata a costruire metro dopo metro via di Forte Braschi, strappando alla gramigna metri preziosi per potersi collegare con via della Pineta Sacchetti.

Lavoravano durante i fine settimana, auto-organizzati, testardi, pacifici.

Immaginate l'orgoglio di chi su quella strada ci buttò tempo e muscoli oggi che via Forte Braschi si può tranquillamente considerare l'arteria principale del quartiere.

Ecco, la storia di Primavalle comincia per colpa di una strada, via dei Fori Imperiali, ma solo grazie a un'altra strada (di terra battuta all'inizio) questo gruppo di romani strappati al loro territorio è diventata una comunità. Una comunità salda, solidale. A prescindere dagli anni difficili e di piombo che qui, con il famoso rogo del 1973, in cui morirono un bambino di 8 anni e un ragazzo di 22 assunsero tratti particolarmente selvaggi, comunque la si pensi. 

Bene, da queste parti non si viene a fare passeggiate nei parchi, né ad ammirare i resti di qualche domus di campagna. Si viene a imparare il significato delle parole comunità, appartenenza, pacifica testardaggine. Si viene a camminare su via di Forte Braschi, a impantanarsi dalle parti di via Pietro Bembo, a chiedersi se l'eternità di Roma è più facile incontrarla qui o in centro. E la risposta è qui, fra queste strade amate, nella memoria di Primavalle.





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