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Prenestina: Verde e archeologia di periferia

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Ti aspetti solo il traffico e invece sulla Prenestina trovi anche tanto verde. Un itinerario per iniziare a conoscere i parchi di periferia. Segui Gaia alla scoperta di una Roma diversa!

Uno dei più resistenti luoghi comuni su Roma sostiene che la mancanza di verde in periferia sia uno dei mali incurabili della capitale. In parte è vero. Ma si riferisce soprattutto agli insediamenti più affollati e, purtroppo, anche ai nuovi quartieri (nuovi nel senso di costruiti dal Boom in poi), quell’esercito di palazzine addossate l’una all’altra in zone in cui il verde è rappresentato al massimo da un giardinetto stanco e riarso con quattro giochi sgangherati. 

Eppure, prendiamo la Prenestina come esempio. Qual è l’immagine che si accompagna a questa via consolare “vicina” della Casilina? Periferie nel senso più profondo del termine, abbandono sociale, “palazzinarismo” diffuso. Casomai, fra gli amanti del cinema e della letteratura, può balenare un momento il pensiero di Pasolini, per essere immediatamente cancellato dalla memoria di brutte storie di cronaca (vedi la vicenda del famoso Gobbo del Quarticciolo). 

Sembrerebbe impossibile sradicare questo pregiudizio cieco e sordo. Ma se prima o poi ci si andasse a infilare sulla Prenestina per il sano desiderio di non accettare alcun luogo comune, si scoprirebbe che le cose non sono esattamente come ci si aspetta e proprio la periferia più famosa della Città Eterna, nota per quartieri come Centocelle e il Pigneto e per un “fuori-Raccordo” ricco di paesi e frazioni sempre più affollati da romani esuli dal mutuo pesante, è in realtà la “casa” di un paio di aree verdi che sapranno convincere prima e poi conquistare in modo definitivo e senza possibilità di redenzione. 

Centro sociale, spazio autogestito, ma anche parco e percorso naturalistico, gli ex stabilimenti dell’ex Snia-Viscosa, fabbrica tessile famosa ai tempi del fascismo che fu prima bombardata durante la guerra e infine progressivamente e ineluttabilmente abbandonata, sono vent’anni che stanno godendo di un miracolo di risurrezione. Insieme allo spazio occupato è il parco a regalare un po’ di sollievo agli abitanti di largo Preneste che infatti lo frequentano di buon grado, mescolando il piacere di essere immersi in una natura prepotente, senza dimenticare parte della loro storia: la fabbrica, alcuni suoi capannoni e un nome che da queste parti è sinonimo di lavoro, sopravvivenza, opportunità ed eroismo. 

È bello arrivarci su un mezzo pubblico. Magari su un tram. In un tramonto invernale pieno di luce. Il sole si insinua fra i rami degli alberi che costeggiano i binari, la Snia si infila sulla sinistra del nostro sguardo, preceduta dal muro che la separa dal resto del quartiere. Sembra piccola vista da fuori, ma si estende in profondità verso l’entroterra per circa due ettari. Qui e là, mano a mano che si procede con il tram, resti archeologici mimetizzati con la città periferica ci ricordano che comunque siamo sempre a Roma. 

Il che ci porta immediatamente a un paio di fermate da Largo Preneste. Un’ampia distesa di verde tagliata dalla Prenestina si srotola a destra e a sinistra della visuale: è Villa Gordiani. 

Il nome se l’è guadagnato perché era la casa fuori porta addirittura di una famiglia di imperatori, i Gordiani che sono ignoti ai più, ma hanno governato l’impero con ben tre esponenti (Gordiano i, Gordiano ii e Gordiano iii, dal 238 al 244 dopo Cristo). Della villa non è rimasto granché: una cisterna, un’aula ottagonale, un’abside, i resti di uno stabilimento termale e un mausoleo, il Mausoleo di Tor de’ Schiavi. Questi resti però non sono liberamente visitabili, se non da gruppi accompagnati dalle guide di una qualche associazione culturale. 

Ma non importa. In fondo non si è venuti fin qui per fare scoperte archeologiche. Al limite, ci si potrà concedere la lettura del proprio libro preferito o del quotidiano a due passi dalle rovine. Per sapere che esistono, basta anche vederle da fuori. 

Ciò che invece va fatto senza ulteriori indugi è “pascolare” sereni nel verde della Prenestina, concedersi ogni scorcio, aprire i polmoni, ammirare i paesaggi e sentirsi felici. Per una volta eroi spensierati di una scoperta fenomenale: mai dare retta ai luoghi comuni.





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