Home Eventi Scopri Roma Ristoranti Locali Negozi Tour Benessere e Sport
Home page » Negozi. Mercati rionali: il fascino segreto della lattuga

Negozi. Mercati rionali: il fascino segreto della lattuga

mercato.jpg

I mercati rionali sono diventati mete imprescindibili se si vuole fare del turismo "di scoperta", anche a Roma dove tutto sembra già visto e conosciuto. Seguite Gaia in questo itinerario insolito a caccia di nuove mete per apprezzare sempre di più la bellezza nascosta della Città Eterna

«Magda! Da chi l’hai presa la mortadella? Da Gino o da Luciano?». Gino, Luciano, la mortadella e la povera Magda non possono non richiamare immediatamente la fastidiosa voce di uno dei personaggi meglio riusciti di Carlo Verdone. 

Il film in questione è Bianco Rosso e Verdone. Lui interpreta (in questo episodio) Furio, il rompiballe per antonomasia, il fissato della perfezione, con la sigaretta montata sul bocchino e la barbetta curata e senza baffi. 

È insopportabile e allo stesso tempo esilarante. Ma se anche la scena si svolge nel Torinese e i due (Magda e Furio) sono in procinto di partire per andare a votare nella città natale di lui, la diatriba Gino o Luciano è perfetta per descrivere l’importanza dei mercati rionali. Sì, proprio i mercati ortofrutticoli.

 Quelli dove vanno a fare la spesa le signore. 

Dove si trovano le migliori offerte. Dove può capitare di fare amicizia con il contadino che viene ogni giorno dalla campagna a vendere i suoi prodotti. 

Gino o Luciano, allora. Scommetto che tutti hanno un Gino o un Luciano vicino casa. Qualcuno a cui affidarsi ciecamente non soltanto per ottenere la “mortadella degli dei”, ma magari per avere anche qualche consiglio culinario, una dritta veloce per risolvere un pranzo, l’offerta di una specialità nuova, mai provata, che da quel momento in poi stazionerà fissa nella nostra dispensa. 

Il banchista di fiducia vale tanto oro quanto pesa. È l’angelo custode della nostra dieta e ci garantisce una spesa felice, quando non super-economica. È così dappertutto, in ogni parte d’Italia.

A Roma, però, c’è qualcosa in più. E quel qualcosa è il contesto, la storia, la tradizione. I mercati sono diventati, negli ultimi anni, un tema sensibile del nuovo turismo di scoperta. Un giro in una città come la capitale non può più escludere anche una puntatina in un mercato ortofrutticolo perché da lì, da questo punto d’osservazione verace e popolano, la città appare in tutta la sua disarmante bellezza familiare. 

Roma fa meno paura se guardata dai banchi dei suoi mercati.

Roma torna a essere la città dell’impudenza e delle battute salaci se si visitano questi avamposti della tradizione.

E allora cosa aspettiamo? Andiamo a scoprire il fascino segreto della lattuga.
Il primo e più noto è senza dubbio il mercato di Campo de’ Fiori. Si raggiunge in un soffio, senza inutili sprechi di energia. È lì. In uno dei rioni più visitati della città, proprio sotto al monumento di Giordano Bruno, davanti ai bar che all’ora dell’aperitivo si riempiono di giovani gaudenti, a due passi da splendidi monumenti come la Chiesa Nuova, il Museo Barracco, Palazzo Braschi, piazza Farnese. 

Piazza Campo de’ Fiori, di mattina presto, è già occupata dai banchi di chi qui ci è nato (anche se proveniva da un altro rione o dalla periferia), ci è cresciuto, si è fatto uomo (o donna) e ha preso il posto dei genitori. 


La presenza del mercato sul “campo” è qualcosa di antico. E già ai tempi di Gregorio XIII (fine Cinquecento) i “mercatari” erano un presidio stabile della vita di zona, con cui anche il papa si trovò a dover fare i conti.

 La pietra dello scandalo fu una fontana commissionata al grande Giacomo della Porta. L’artista portò a termine il progetto che doveva essere funzionale alla vita della piazza (e proprio per la presenza di un mercato agroalimentare) e la fontana fu collocata più o meno dove oggi si incontra una sua ben più misera sostituta, quindi sul lato di Campo de’ Fiori su cui affaccia il forno e la trattoria, per intenderci. 

Neanche un secolo dopo, anno 1622. C’è sempre un Gregorio sul soglio pontificio ma stavolta è il numero XV. La fontana è diventata la sua croce perché quegli spudorati del mercato la usano per rinfrescare la frutta e per lavare la verdura. La fontana è effettivamente impresentabile. 

E Gregorio che fa? Ci mette un coperchio. La chiude, compie l’atto più violento che si possa fare a una fontana. Si macchia di “fontanicidio”. Da quel momento in poi la fontana viene ribattezzata La Terrina (perché effettivamente assomiglia a una zuppiera) e al momento di ristrutturare la piazza verrà chiusa nei magazzini comunali dove effettivamente uscirà solo in epoca fascista per andare a decorare lo slargo antistante la Chiesa Nuova, dove si vede ancora oggi. 

Il mercato invece è ancora là. I prezzi saranno anche alti, ma non è detto che quando si visitano i suoi banchi con un intento puramente “turistico” si debba per forza affrontare la spesa. L’importante è vedere Roma filtrata da questo suk dalla storia importante. Ricordarne i tratti salienti e il fatto che condividesse lo spazio con i roghi degli eretici, perché Campo de’ Fiori (Giordano Bruno insegna) era la piazza dove si svolgevano alcune condanne a morte.
 
Altro mercato.

Rione Testaccio. Qui si viene per la carne che nonostante l’assenza del Mattatoio (riqualificato come seconda sede del MACRO) è ancora buonissima. Testaccio è (anche) il suo mercato. E il mercato è il cuore pulsante di Testaccio. Si passeggia fra i banchi, si origliano le conversazioni, si imparano le mille sfumature delle prese in giro alla romana. E si ricorda un passato di contadini che attraversavano chilometri a dorso di mulo per venire a vendere in città.

Piazza Vittorio, invece, aveva una volta un mercato all’aperto allestito nei giardinetti che oggi sono pieni di ragazzini scalmanati, felici e sudati. Prima del Duemila fu deciso il suo spostamento in una “più consona collocazione” e ci mancò poco che scoppiasse una guerra civile. 

Un po’ tutti gli affezionati a questo “buco della serratura sul Mondo” si mobilitarono per difenderne la storia. Ma il mercato venne spostato comunque. E oggi si trova lungo via Principe Amedeo in una struttura chiusa – un’ex caserma – un po’ più comoda per i mercatari e – per fortuna – ancora affascinante per visitatori e clienti. 

La sua caratteristica più bella è legata strettamente al rione di appartenenza (ma questa regola vale per tutti). Il punto è che l’Esquilino è veramente come avere il Mondo in casa. 

È il rione dell’immigrazione per eccellenza, Chinatown, Casbah e mercatino romanesco allo stesso tempo. Ci sono i pescivendoli più famosi di Roma Est (i “Rosci”) e una marea di banchi gestiti da immigrati (ormai romanissimi) che vendono ricordi gastronomici dei loro paesi d’origine. 

Solo qui si può comprare tutto l’occorrente per una vera cena africana senza dover per forza prendere un aereo per Abidjan (Costa d’Avorio). Qui si trova il curry più buono della capitale. Le spezie più profumate e il vero cavolo cinese. Senza sforzi. Con quattro falcate il mondo è ai vostri piedi e Roma si illumina di una luce fra “l’amatriciano” e “l’internazionale”. Imperdibile. 

I mercati sono per la Città Eterna linfa di vita vera. E l’Urbe si offre in modo quasi materno, si china gentile per farci accogliere tutti i suoi odori e suoi colori.
A Roma c’è una festa ogni giorno. Basta andare al mercato.









Social di Gaia per Roma



Accedi

Effettua l'accesso.

USERNAME:


PASSWORD:




password dimenticata?