C'è un cuore verde che pulsa fra l'Aurelia e la Gianicolense. È Villa Pamphilj, splendida e antica residenza aristocratica trasformata in un frequentato e amato parco pubblico. Segui Gaia alla scoperta della villa e del quartiere che ne ospita una parte: Monteverde
Prima, un prima che risale almeno al Seicento, gli stranieri che entravano a Roma dall'Aurelia non vedevano altro se non campi a perdita d'occhio e, in fondo, ma proprio alla fine, la Cupola di San Pietro che gli diceva che l'Urbe non era lontana.
Monteverde, allora, non era che uno sperone di tufo, gemello di Monte Mario e del Gianicolo che nulla aveva a che fare con i sette colli storici della Città Eterna. Di certo non era ancora il quartiere novecentesco che oggi si può ammirare in una passeggiata lenta, né uno degli scenari usati da Pier Paolo Pasolini in Ragazzi di vita per descrivere con i giusti colori la Roma del dopo guerra: «Dietro il Ponte Bianco non c'erano case ma tutta una immensa area da costruzione, in fondo alla quale, attorno al solco dei Quattro Venti, profondo come un torrente, si stendeva calcinante Monteverde».
C'era invece già Villa Pamphilj e già allora era di una bellezza splendente nei suoi ettari ed ettari di verde. Allora, però, la villa era inaccessibile, aperta soltanto ai rampolli dell'aristocrazia capitolina legati alla famiglia che aveva dato papa Innocenzo X a Roma.
Il suo fascino stava tutto nel sontuoso spettacolo di una natura prepotente, ma allo stesso tempo domata, dai laghetti artificiali, dai giochi d'acqua, dalle statue di gusto classico e archeologico che decoravano il parco, complice la bravura dell'artista prediletto da questa corte di nobili di altissimo lignaggio: Alessandro Algardi.
Anche oggi il paesaggio è sempre annichilente. Pure se difficilmente ci si arriva dopo un viaggio a piedi durato, magari, settimane e giorni.
Basta andare a visitarla una domenica pomeriggio o durante una mattinata particolarmente pigra. Sarà sufficiente scegliere un ingresso (quello "monteverdiano" lo incontrate su Via Vitellia) ed entrare.
Una volta lì, quando i vialetti, i grandi alberi e il prato del parco, punteggiato da fontane, vi avranno definitivamente conquistati sarà difficilissimo tornare verso casa. L'effetto è sempre lo stesso su tutti. Villa Pamphilj in fondo non è una meta insolita. È lì da secoli, placida e gigantesca, a proteggere la città contemporanea dal suo stesso smog. Eppure ogni volta è una scoperta: il miglior punto in cui leggere il giornale, l'altura più assolata dove sdraiarsi a prendere il sole, l'ettaro più isolato in cui far correre il cane, il sentiero più ombroso dove - perché no? - accennare una corsetta da dilettanti, si svelano poco a poco, a ogni passeggiata a ogni nuova visita.
E allora perché non tornarci per l'ennesima volta anche se la si conosce come l'armadio di casa? Di sicuro c'è un angolo ancora da scoprire, un posticino sicuro in cui sentirsi finalmente in pace e a casa, fra le braccia di Roma.
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