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Fontana di Trevi: tuffo nella fontana, ma senza Anita (Ekberg)

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Ci si va pensando alla scena più famosa de "La Dolce Vita" di Fellini, ma la Fontana di Trevi restituisce anche memorie minime della città del passato, compreso il ricordo dei litigi fra un barbiere e un architetto. Segui Gaia alla scoperta di Roma

È una di quelle tappe obbligate di una visita romana.


 Ci si fa largo fra la folla, si getta la monetina e, dopo questo rituale scaramantico, si affida all'acqua e al marmo il desiderio di tornare presto nella Città Eterna.

 L'associazione pensiero-immagini davanti all'arci-famosa Fontana di Trevi è quasi immediata: uno sguardo e, alternativamente, ci si sente come Anita "Anitona" Ekberg che - spudorata - si fa il bagno nella fontana in La dolce vita, oppure - sempre nel film di Fellini - come Marcello Mastroianni che la guarda estasiato. 


È impossibile togliersi quella scena dalla testa quando ci si trova al cospetto di una delle fontane più maestose della capitale. La spirale cinematografica sembra più obbligata della sosta. 

Ma è possibile che non ci siano altri occhi per guardare la mostra dell'Acqua Vergine? (Ecco che cos'è fontana di Trevi, la parte terminale dell'acquedotto, cioè, in gergo tecnico, la sua mostra).

Intanto, proprio partendo dall'acqua, bisognerebbe sapere che quello che si ha davanti agli occhi è un monumento dedicato a tutte le fontane di Roma (servite da secoli dalla buona Acqua Vergine).

 Anzi, delle fontane e degli acquedotti, celebra lo sforzo immane di cavare l'acqua dalla falda e lo fa proprio con le sue forme possenti che in realtà nascondono il fatto che la fontana di Trevi è nata quasi sottoterra perché a furia di servire tutte le altre fontane di Roma, l'acquedotto aveva quasi esaurito la sua forza e gli architetti furono costretti a ingegnarsi per andare a prendere l'acqua dove ancora c'era, cioè sotto al livello stradale. 


Ma, davanti ai suoi venti metri per ventisei d'altezza, bisogna anche spendere un pensiero sulla lunghissima gestazione di un monumento del genere. Perché è vero che la fontana ha una data di nascita ed è il 1762, ma a quell'anno si è arrivati dopo un lunghissimo ciclo di lavori e dopo che un elenco sterminato di architetti, ingegneri e progettisti si sono scervellati per soddisfare il senso estetico di vari papi fin dal Seicento (ai primi studi partecipò anche Gianlorenzo Bernini, ma poi se ne allontanò piuttosto deluso, dicono le cronache dell'epoca). 


La nascita della fontana fu in ogni caso un evento per tutto il rione. Finalmente, dopo oltre un secolo, la piazza aveva una sua forma definita e anche una certa eleganza, ma soprattutto era finito l'andirivieni di maestranze e pezzi grossi che prendevano misure e facevano confusione. 

Non tutti però sembravano soddisfatti. Un barbiere, a quanto pare, si permise di dare non poco filo da torcere al progettista, Nicola Salvi, che nel 1733 diede il via ai lavori definitivi per volere di papa Clemente XII

Era un assedio quotidiano di critiche e battutacce, finché l'architetto non ci vide più e decise di aggiungere un piccolo elemento al progetto generale per vendicarsi di tanta insistenza. 

Se ci si concentra sul lato destro della fontana, infatti, si scoprirà un cappello vescovile che a Roma viene chiamato affettuosamente "asso di coppe". È un dettaglio abbastanza incongruo, ma all'epoca servì a Salvi per difendersi dall'impiccione. 

L'asso di coppe, infatti, impediva la vista del cantiere se ci si trovava nella bottega del barbiere. E oggi è una di quelle piccole spigolature che fanno trasparire lo spiritello romano anche in un'opera di prima grandezza che di popolano non ha proprio nulla. 

Roma, nella sua intimità, si riflette anche nelle acque nobili di Fontana di Trevi. Andateci a tirare la monetina e a pensare ad Anitona che chiama Marcello da sotto la statua di Oceano, ma poi dedicate cinque minuti anche al barbiere di rione Trevi, alle angosce degli architetti e alle smanie dei papi.

 E poi spegnete il cervello, fatevi soltanto cullare dal rumore dell'acqua e dal brusio della folla che - Anita Ekberg a parte - non smetterà mai di ammirare la regina delle fontane di Roma.





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