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Tuscolano: Il “sogno” Ina Casa fra Cinecittà e il Quadraro

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Fra Cinecittà e il Quadraro c'è il quartiere popolare costruito dall'Ina Casa alla fine della guerra. Al progetto parteciparono architetti importanti, come Adalberto Libera già autore delle poste di via Marmorata a Testaccio e del Palazzo dei Congressi all'Eur. Dopo una passeggiata alla scoperta di questa architettura "dignitosa" guarderete la Tuscolana con altri occhi. Scopritela oggi con Gaia

Fra Cinecittà, il parco di San Policarpo, gli archi dell'acquedotto Felice e il Quadraro, la Tuscolana sembra esaurire il suo carico di bellezze da visitare in una passeggiata originale. 


Il resto, tutto il resto di questo stradone spesso ingolfato di traffico, sono solo negozi a perdita d'occhio, bar e assenza di parcheggi. E invece, a dare retta ai particolari e con un piccolo sforzo mentale per orientarsi nella confusione di una zona vivissima si potranno scoprire dettagli curiosi, meraviglie non convenzionali.

Una volta qui c'erano il Quadraro, pratoni a perdita d'occhio di proprietà di qualche barone col pallino degli affari immobiliari, i resti dell'acquedotto che ancora servivano da riparo agli ultimi arrivati dopo la seconda guerra mondiale (immigrati italiani, abruzzesi, sardi, veneti) in un parco di terra battuta e panorami vastissimi e gli studi di Cinecittà che fungevano da meta ideale di un riscatto personale troppo aleatorio per essere vero. 

Il quartiere Tuscolano è arrivato più tardi, finiti i bombardamenti, quando anche l'ultimo baraccato si era installato sotto i fornici dell'acquedotto Felice. Lo stradone, allora, era un confine anche mentale oltre che sociale: da una parte Cecafumo (il nome antico e popolare del Quadraro), le casette basse e le vie che fanno sembrare tutta la zona un paesino aggrappato alle costole della grande metropoli quasi per sbaglio.

Dall'altra l'Ina Case, le case popolari, il più grande insediamento previsto per alloggiare schiere di famiglie a bassissimo reddito, progettato da nomi illustri dell'architettura e pensato per offrire un tetto sulla testa che fosse anche dignitoso e stimolante.

Bene, perché la visita sia efficace, bisognerebbe seguire proprio questa distinzione come itinerario. Saltabeccare dai vicoli colorati del Quadraro a via Selinunte (civico 59) - tanto per cominciare - per scoprire le famose "Unità di abitazione orizzontale" studiate dall'architetto Adalberto Libera (quello delle poste di via Marmorata e del Palazzo dei Congressi all'Eur) negli anni Cinquanta. 
 
Pare che Libera avesse preso ispirazione da un viaggio in Marocco. Innamorato della casbah, rimase colpito da come si mescolavano le case private agli spazi sociali: negozi, luoghi d'incontro, spazi verdi. E volle riproporre questa sua intuizione in una Roma periferica ancora non intasata dalla gente, ancora - a modo suo - "desertica". 

Ne venne fuori l'inizio di un quartierino povero, ma non misero. Dignitoso, appunto. Le case non erano casermoni, le aree pubbliche e ariose avevano lo stesso valore degli appartamenti. L'emergenza di trovare alloggio a migliaia di persone veniva lasciata indietro per privilegiare un'altra urgenza: la qualità della vita che a quelle persone era importante offrire. C'è del rivoluzionario nel progetto dell'Ina Case della Tuscolana.

Con lo stesso spirito, dopo e insieme a Libera, lavorarono anche altri architetti che hanno così lasciato un segno che va oltre la tecnica della costruzione e l'arte della progettazione. È un segno "umano" che ci parla di comunità, solidarietà e felicità come diritti universali. 

Ed è una splendida sorpresa scovarlo in una passeggiata originale che dribbla negozi, bar e assenza di parcheggi.





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