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Trastevere: Itinerario disilluso

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Di Trastevere si dice sempre che è diventata troppo turistica. Eppure a volte basta girare l'angolo per trovare paesaggi che ci fanno provare l'ebbrezza di una scoperta. Segui Gaia a caccia di una Roma diversa!

Fra tutte le possibili opzioni di passeggiata, proporre una “vasca” a Trastevere sembra la cosa più trita che si possa consigliare. Tutti la conoscono, tutti hanno sentito parlare della schietta romanità che si respira da quelle parti, tutti sanno che nel rione si possono assaggiare le migliori ricette della tradizione in locali che hanno conservato lo stile de ’na vorta. Insomma, tutti riconoscono a Trastevere il ruolo di patria della sempiterna popolanità della capitale.

Poi ci si va. Di notte “perché Trastevere la devi vedere di notte”. Ci si va a mangiare, per esempio, e a passeggiare fra i vicoli “perché vuoi mettere i vicoli di Trastevere”. Ci si ferma in un bar, si ordina da bere il bicchiere della staffa. Si staziona quel tanto che serve sulle scalette della Fontana davanti Santa Maria – appunto – in Trastevere. E ci si domanda se per caso è questa la patria della sempiterna popolanità della capitale; e poi perché quest’aria deve per forza prevedere stuoli di bancarelle e negozi di souvenir (con illuminazioni “a giorno”); e infine perché il piatto di carbonara preso al ristorante deve essere stato così triste.

E si va via pensando che Trastevere è finita e, va bene negli anni Settanta, ma adesso è un’altra cosa, è svenduta.

Sì, è così. La Trastevere caciarona e “rugantina” è ormai acqua sotto i ponti (del Tevere, ovviamente). E la passeggiata verace dovrebbe forse farci dirigere da altre parti, in altri rioni. A meno che non si scelga davvero di scoprire se per caso è “avanzato” un pezzettino di Roma fra un hotel a prezzo esoso e un negozietto che vende magliette con su scritto “I love Italy” e calendari del papa.

Solo la consapevolezza della “morte” del rione più intrigante della riva destra può farci partire per altre latitudini sempre trasteverine, ma meno battute.

Scartando (o rimandando a più tardi) mete come l’antichissima chiesa di Santa Maria e vicoli, tipo Vicolo del Moro, si può invece puntare su un altro itinerario che, sì sarà pure disilluso, ma di sicuro non mancherà di riservare sorprese.

Chiesa contro chiesa. Cominciamo subito.

A Santa Maria in Trastevere bisognerà opporre subito San Francesco a Ripa, affacciata su piazza San Francesco d’Assisi che non sarà una delle più antiche di Roma e non avrà mosaici splendidi come Santa Maria, ma dentro c’è una delle due estasi scolpite da Bernini e, nella sua lunga storia, è stata un centro culturale di prima grandezza.

Vicoli contro vicoli.

Vicolo della Renella, vicolo del Cedro che porta su Piazza Sant’Egidio (con il Museo di Roma InTrastevere, tutto da visitare) e poi l’Arco di San Calisto fino a Piazza Rufina sono luoghi simbolo del turismo romano. Ma la bellezza di Via della Luce e di strade intricate come Via dei Genovesi, Vicolo dell’Atleta e Via in Piscinula tengono testa, forti di un silenzio inusuale, di botteghe ancora “romane”, di una calma e di un fascino unici anche se a due passi dalle rotte più classiche e ortodosse.

Ognuno di questi toponimi (compresi quelli della Trastevere più nota), inoltre, ha una ragion d’essere, ognuno porta in sé la memoria del passato della città, i mestieri scomparsi, i suoi eroi, i suoi ritrovamenti. Come a vicolo dell’Atleta, per esempio. Era il luogo dal cui sottosuolo emerse un laboratorio medievale in cui si ricavava calce bruciando le statue antiche. Fu ritrovato il laboratorio, parte dell’attrezzatura e alcune statue antiche, copie romane di importanti opere greche. Fra queste riemerse anche l’atleta intento a pulirsi il sudore con lo strigile, meglio conosciuto con il suo nome ellenico, l’Apoxyomenos, il cui originale in bronzo, un tempo, decorava le più antiche terme di Roma, quelle di Agrippa.

C’è una nuova Trastevere se ci si impegna un po’ a scrollarsi di dosso quella “vecchia” delle carbonare tristi e dei bicchierini della staffa. Basta cominciare a camminare con un pizzico di disillusione negli occhi e tanta voglia di imboccare latitudini sconosciute.





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