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Ostia Antica: la bellezza di una città fantasma

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Oggi Gaia vi accompagna fra i ruderi di Ostia Antica, dove in un paesaggio di pini e prati sembra quasi di poter rivivere i secoli d'oro di questo insediamento di età romana. Fra archeologia e natura si passeggia lontano dai rumori, inseguendo l'illusione di poter tornare indietro nel tempo

Quasi si sente il trambusto quando passeggiamo sui laterizi consumati delle vecchie strade di Ostia Antica. Si cammina immersi nel silenzio della città contemporanea che nell'area archeologica scompare come per miracolo, mentre nella testa si affollano i rumori dell'insediamento antico: le rovine amplificano allucinazioni sonore da un'altra epoca. 


Appena varcati i cancelli del sito c'è spazio solo per la storia del villaggio alla foce del Tevere (anche se il Tevere oggi non c'è perché il suo corso è cambiato nel 1557 dopo un'inondazione particolarmente violenta), per la sua storia, per i suoi ritmi e - appunto - i suoi rumori. Anche gli occasionali segni lasciati dalle ruote dei carri sul basolato contribuiscono a questo straniamento uditivo ed emotivo. 

Ostia Antica fa questo effetto su tutti i suoi visitatori. Ed è facile incontrarsi fra turisti mentre ci si aggira beati fra i ruderi, fingendo, anche solo per un istante, che la città ancora esista, che non sia stata abbandonata fra il III e il IV secolo dopo Cristo, quando i barbari cominciarono a premere fuori dalle Mura di Roma. Magia di uno dei siti archeologici di epoca romana più intatti (dopo quello di Pompei).
Qui il mare è lontano. Sono lontane anche le macchine che sfrecciano sull'Ostiense e sulla Via del Mare. Qui c'è solo archeologia, il fiato di un'epoca scomparsa, i fantasmi di un villaggio che era una piccola Roma fuori dall'Urbe, internazionale, di confine, ricca di stranieri e mercanti. 

Contano soltanto le rovine immerse in un paesaggio di pini ed erba, il loro passato: il Capitolium, cioè il tempio dedicato alla Triade capitolina, era ancora in piedi anche nei secoli più bui di Ostia. Mentre il resto dell'insediamento si interrava nella sabbia, il tempio rimaneva un simbolo, l'unica cosa visibile, pure se trasformato in granaio in un momento di necessità. Il tempio continuava a essere il segno che questa landa un tempo era stata abitata, amata e protetta dagli dei più potenti della Città Eterna. Così come gli spalti del Teatro, dove d'estate è splendido assistere agli spettacoli che si organizzano fra i ruderi. 

Ma il bello di Ostia Antica è tutto nelle piccole cose quotidiane. Lo spettro di una casa, di una taverna. I resti dei bagni pubblici. Quello che rimane dei banchi di un mercato. Queste rovine ci dicono che qui sono vissute delle persone, hanno sperato, lavorato, amato. Ci raccontano di un'epoca sparita. Di come si viveva nel II secolo dopo Cristo, quando Ostia era al massimo del suo splendore, all'apice del suo successo. Quando la foce del Tevere e il porto (voluto dall'imperatore Claudio e ampliato da Traiano più tardi) si occupavano di rendere la capitale dell'impero un luogo in cui ci si potesse sentire in cima al mondo. 

Ecco, è quando ci si ferma a riflettere su questi piccoli dettagli apparentemente minori che l'allucinazione sonora arriva. E allora è facile sentire i rumori della città scomparsa. Il trambusto, le grida, la vita.





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