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Laurentina: natura e archeologia, un patrimonio tutto da scoprire (e da difendere)

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Lungo la via Laurentina si può deviare per una passeggiata nel verde e una visita alla Riserva Naturale Laurentino-Acqua Acetosa, area verde ancora poco conosciuta che invece svela un patrimonio archeologico importante legato alle proprietà terapeutiche dell'acqua della zona. Scopritela oggi con Gaia!

È sempre duro il lavoro di chi si occupa di salvaguardare i parchi cittadini. Lo è quando c'è da difendere due giochi in plastica in un fazzoletto verde stretto fra i palazzi di periferia, figuriamoci che cosa vuol dire creare una Riserva Naturale dove prima c'erano terreni agricoli e oggi c'è la città che avanza inesorabile con il suo carico di cemento e condomini. 


Il salvataggio del Parco dell'Appia Antica e della Caffarella, per esempio, ha segnato gli anni Settanta. Quello della piccola Riserva Naturale Laurentino-Acqua Acetosa è stato protagonista degli anni Novanta e non può ancora considerarsi concluso. 

Questa area verde di oltre centosessanta ettari la incontri mentre percorri via Laurentina verso fuori. È (letteralmente) una boccata d'aria fresca e "la scusa" per deviare da un tragitto che, altrimenti, non promette altro se non palazzoni e traffico fino al Grande Raccordo Anulare.

Eppure, percorrendo questa consolare, non sono pochi i momenti in cui la campagna romana fa capolino per farci dimenticare smog e lamiere d'auto. Per poter "sentire" la presenza del verde, però, bisognerà andare a passeggiare nel parco che ecumenicamente divide i suoi ettari fra zone più urbanizzate (e quindi attrezzate di giochi per bambini, per esempio) come all'altezza di Laurentino 38 e aree in cui il passato agricolo della zona è l'unico elemento su cui riflettere, mentre lo sguardo spazia su colline morbide e si lascia stuzzicare dalle mille sfumature del verde dell'erba.

L'eredità dell'antica via Laurentina (la consolare che originariamente partiva dall'odierna Tor di Valle e proseguiva seguendo il tracciato del fosso dell'Acqua Acetosa-Ostiense-Vallerano) è invece tutta archeologica, segno che le proprietà curative di quell'acqua terapeutica (e acetosa) che già i romani apprezzavano, era qualcosa di ancora più antico, risalente addirittura all'età protostorica. Anni fa, infatti, hanno trovato una necropoli e un villaggio i cui pezzi "mobili" fanno oggi parte delle collezioni del Museo Nazionale Romano, mentre quello che non si poteva spostare viene controllato dalla Soprintendenza archeologica in loco, ma senza che siano autorizzate visite. Peccato. 

Sarebbe bello che questi due patrimoni tutti romani (quello verde e quello storico) dialogassero fra loro e con i turisti. Completerebbe l'opera di salvaguardia tanto della memoria quanto di questi spazi liberi da palazzi e smog che sono vitali per le periferie romane.

Accadrà. Probabilmente nel tempo accadrà. Nel frattempo, però, si può comunque scendere dalla macchina e affondare i piedi nell'erba verde della Riserva, godendoci quello che per ora c'è e sognando quello che ci sarà una volta che l'area verrà restituita alla natura e poi donata ai turisti curiosi.





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