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Centocelle: Percorsi di storia contemporanea fra la Casilina e la Prenestina

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Volete sapere dove si trova il primo aeroporto civile d'Italia (oggi non più funzionante)? E volete visitare una zona periferica di Roma dove, durante il Medioevo, un sistema di torri d'avvistamento difendeva la città dagli attacchi dei barbari? Seguite Gaia alla scoperta di Centocelle

È un tuffo nel cuore della romanità la visita a Centocelle. Ma la sua non è la romanità verace e "pura" di Trastevere. È una romanità "completata" dalle migrazioni che in oltre sessant'anni hanno arricchito il paesaggio di nuovi accenti, nuovi colori, nuove voci.
Roma d'altro canto è così. È più bella quando si mescola e perpetua la sua eternità aggiungendo una cosa in più a ogni anno, ogni decennio che vive.

Centocelle dunque è nata per la necessità di accogliere altri abitanti in una capitale che era appena uscita dal secondo conflitto mondiale. Ma prima di quegli anni così intensi e difficili il paesaggio era molto diverso.

Al massimo, nel deserto di campi a perdita d'occhio, si intuivano i ruderi di qualche sepoltura sotterranea (e infatti il nome Centocelle, utilizzato a partire dal Cinquecento, rimanda alle centum cellae, cioè a un colombario di epoca romana), si riconoscevano una manciata di casupole solitarie e i ruderi delle torri d'avvistamento che sorgevano fin dal Medioevo allo scopo di controllare, in una rete di punti d'osservazione, la campagna romana spesso preda dei barbari.

Oggi della Torre di Centocelle, che comunicava direttamente con quella posta sulla Tuscolana all'altezza del Quadraro, non rimane che qualche pietra, incastrata fra la Prenestina e la Palmiro Togliatti dove si spegne anche l'ultimo tratto "vuoto" del quartiere: il vecchio e famoso Aeroporto di Centocelle.


Primo aeroporto civile d'Italia, inaugurato già nel 1909, divenne il fiore all'occhiello del Ventennio fascista per poi trasformarsi in un obiettivo sensibile durante la guerra e in un rifugio per i partigiani che da lì organizzarono infinite scorrerie durante la Resistenza.

Dopo la guerra, quando le viuzze di Centocelle si riempivano di "villini", secondo lo schema della "città spontanea" che cresceva senza controllo, il pratone divenne infine un riparo per gli ultimi arrivati, schiere di migranti dal sud Italia che approdavano a Roma per lavorare nell'edilizia e nella ricostruzione e poi - ai giorni nostri - dei Rom che hanno abitato in un enorme e famigerato campo nomadi (Casilino 700 e poi Casilino 900) fino a non molto tempo fa.

Ecco, quando si passeggia su via dei Castani, un occhio alle vetrine e un altro al percorso, bisognerebbe pensare che Centocelle è nata per necessità e per accogliere nuovi romani. Sarà più facile capire tutte le sue contraddizione e accettarle. Certi di trovarsi in mezzo al cuore della romanità. Magari quella più spuria dell'immigrazione e delle difficoltà, ma anche per questo, la più autentica.






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