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Campo de' Fiori: Il fascino segreto di Rione Regola

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Itinerario alternativo per conoscere il rione Regola, anche al di là di Campo de' Fiori, la sua piazza più rappresentativa e frequentata. In una passeggiata dedicata ai vicoli e alle chiese minori. Scopri Roma in compagnia di Gaia!

Un nome gentile, che sa di profumi e colori, di cose delicate, di leggiadria. Per gli amanti della toponomastica Campo de’ Fiori ha il vantaggio di avere già dentro di sé le spiegazioni a ogni domanda. Lo slargo che interrompe la corsa di via dei Giubbonari si chiama così perché una volta era pavimentato di fiori. 

Una volta Campo de’ Fiori era anche il luogo dove si accendevano i roghi degli eretici e questo non è più tanto leggiadro, né di certo sa di profumi, di colori o di cose delicate, ma tant’è. Questa è Roma. 

Oggi invece, di giorno, il campo si tinge di odori e suoni di uno dei mercati più amati del centro storico e di sera – dal tramonto – del vociare di chi si ubriaca di aperitivi e poi “cazzeggia” sotto al monumento in memoria di Giordano Bruno, uno, se non il più famoso, dei condannati a morte per eresia su suolo capitolino. Tutto si svolge nella medesima piazza, come una commedia a basso costo che non si può permettere di cambiare set

Attratti dalla bellezza di questo angolo intimo e famoso della Città Eterna, ogni giorno, centinaia di turisti solcano le strade che da Largo Arenula conducono fino a Campo de’ Fiori, respirano a pieni polmoni l’aria di Roma e qui, passeggiando e ammirando lo spettacolo delle case più belle che affacciano sulla piazza, si sentono parte di quell’enorme festa vociante che è il giorno di Roma. Qualcuno, audacissimo, si spinge fino a Palazzo Farnese (non visitabile, è l’Ambasciata francese) o nei meandri di Via Giulia per una sosta, con paura incorporata, davanti alla facciata bianca e corredata di teschi della Chiesa di Santa Maria dell’Orazione e Morte, un tempo sede della confraternita che si occupava di seppellire i morti di nessuno, quelli che spesso si incontravano sulle rive del Tevere. 

È bello farsi prendere da tutto questo fracasso, seguire il filo dei nomi delle strade e cercare di riconoscere il tessuto sociale di una città che non c’è più: via del Pellegrino, via dei Cappellari, vicolo dei Cordai, via degli Acetari. 

Ancora più bello sarebbe dedicare la stessa stupita attenzione anche al resto del rione che pure ha tanto da dare in quanto a pittoresco e insolito.
Regola (così si chiama questa porzione di Roma) è una zona antica, patria di tanti romani veri che ancora in qualche palazzo e in qualche appartamento non sono stati sostituiti dalla ricca borghesia che si è impossessata ormai di tutte le terrazze del centro storico. 

La passeggiata va fatta di giorno, senza ombra di dubbio. Perché con la luce del sole, i negozi (e, soprattutto, le vecchie botteghe) sono ancora in attività, completando l’immagine di un rione vivo nonostante il tempo che passa inesorabile.
La traiettoria principale è quella che ci fa scartare sulla sinistra di Palazzo Farnese per entrare in Vicolo del Giglio da dove imboccare via Capodiferro

La prima immagine è quella del fianco di Palazzo Spada, con la Galleria omonima (densa di opere importanti) nel cui cortile decorato si può anche ammirare l’inganno borrominiano di una Galleria Prospettica che sembra lunga decine di metri e invece è minuscola. Basta. Non c’è altro di importante, nient’altro che si possa cercare febbrilmente su una guida. 

Il resto è solo ciò che si conquisterà con la forza dei piedi e delle gambe. Palazzi che inglobano parti di Roma antica “riciclata”, bottegucce buie, trattorie genuine e strade, vicoli e portoni, scene di vita quotidiana, alberi e targhe, come quella dedicata a un grande abitante di Regola: Aldo Fabrizi (sul portone della sua casa natale in vicolo delle Grotte). 

La targa recita alla fine: “Aldo è ancora qui, non se n’è mai andato”. E per un istante, fra la scrostatura di un intonaco e la vetrina di un robivecchi, sembra quasi vero.





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