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Benessere e sport. Il Tevere: barcaroli, spiagge e barconi

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Quando il Tevere era la spiaggia dei romani, i fiumaroli ne erano i re indiscussi. Anche oggi, però, è possibile provare l'ebbrezza di rivivere questo frammento di Roma sparita. Basta andare a passeggio sugli argini e guardare la città da sotto in su. Chissà, poi, che non venga la voglia di iscriversi a un corso di canoa o di canottaggio sul fiume. Seguite Gaia in questa splendida passeggiata d'acqua dolce nella memoria più cara della Città Eterna

L’anno più brutto per i fiumaroli fu il 1932, quando ai romani che abitualmente passavano l’estate in riva al fiume fu intimato di andarsene per far posto a una colonia estiva fascista. Il territorio del contendere era una lingua di sabbia fluviale fra Ponte Duca d’Aosta e Ponte Risorgimento. Un nome che ancora aleggia nei ricordi dei vecchi del Tevere: la Spiaggia dei Polverini. 

Era già quello di allora un modo come un altro per rifare pace con il fiume. Come una pacca sulla spalla che si dà a un vecchio amico col broncio. Perché Roma è del Tevere e i romani pure e da quando Garibaldi fece erigere i muraglioni (per salvare Roma dal suo fiume, anche questo va detto), quel rapporto e quella dipendenza si sono affievolite sempre di più, fino a sparire del tutto. 

Oggi il fiume e la città si sfiorano senza quasi toccarsi. Bisogna arrivare fin oltre Ponte Marconi per rivedere il bacio fra il Tevere e la terra, anche se la vita scorre molti metri più su, sul nuovo piano stradale che ha messo in sicuro le case dalle piene, le vite dalle acque limacciose. 

I fiumaroli, cioè coloro (sempre meno) che passano le loro giornate sul Tevere fra kajak, canottaggio e chiacchiere su un barcone dipinto in colori squillanti, ormai sono quasi una specie in via d’estinzione. Questi romani speciali hanno giusto un sussulto di notorietà il primo dell’anno con il tuffo da Ponte Cavour degli emuli di Mister Okay, quando Roma si ricorda di avere un fiume, ma l’attenzione non è quasi mai per loro che pure lo pensano tutto l’anno. 

Fu dal 1932, dunque, che ai fiumaroli di Roma venne chiesto di ritirarsi in buon ordine. Chi aveva qualche soldo in più si spostò sui barconi dei dopolavoro e dei circoli, gli altri finirono sulla chiatta de Er Ciriola, la barca di un pescatore di anguille (le ciriole in romano) che si prestò a sostituire Polverini. 

Di quell’epoca rimane un film, Poveri ma belli, e i ricordi di chi ha avuto un parente che ha frequentato le feste e quella spiaggia galleggiante. Doveva essere una stagione “mitica”, in piena sintonia con la storia profonda della città. I romani facevano quello che avevano sempre fatto dalla notte dei tempi: fare il bagno al fiume

E oggi? La nuotata nelle acque del Tevere, pur avendo una carica simbolica notevole, è sconsigliata non tanto per l’inquinamento, quanto per le correnti micidiali. E, non essendoci più il vecchio barcone del Ciriola ancorato a Ponte Sant’Angelo, perciò, non rimangono che le passeggiate sulle sponde stanche del fiume o l’iscrizione in uno dei tanti circoli di canottaggio che resistono in osservanza dello spirito fiumarolo.

Con la scusa di un corso di kajak o di canottaggio si potrà afferrare un pezzetto nascosto del cuore di Roma, vederla dal suo lato più basso e allo stesso tempo – perché no? – tenersi in forma.





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