Il Parco della Caffarella permette di conoscere la Campagna Romana in tutto il suo autentico splendore, fra prati a perdita d'occhio, collinette scoscese, rupi improvvise, ruderi e greggi di pecore al pascolo. Fra queste delizie c'è anche un antico Ninfeo, dove nacque un amore speciale. Seguite Gaia alla scoperta di questo angolo prezioso di Roma
Immergersi nei suoi dossi, nel suo verde spontaneo, comunque, ripagherà molto di più di una semplice passeggiata all'aria aperta. Sono profonde le emozioni che si provano da queste parti: a partire dal primo sguardo rapido non appena si raggiunge un'altura. Le case del quartiere si fermano su un confine preciso. Grigio, color mattone da una parte e verde boscoso, punteggiato da ruderi dall'altra; sono due universi opposti si fronteggiano senza essere (più) nemici.
Ma è un segno, questo, che va interpretato e poi usato come minimo comun denominatore della scarpinata. Gli speculatori edilizi e gli ecologisti si sono contesi il parco per decenni, i primi accecati da tanto spazio a disposizione in un quartiere popolosissimo e molto ambito; i secondi impegnati nella difesa di un'area che progressivamente sarebbe dovuta diventare pubblica, rappresentando un polmone verde fondamentale per la zona e un angolo di benessere per gli abitanti dell'Appia.
Vinsero i secondi e meno male, perché grazie alla loro tenacia ora ci godiamo un pezzo di Roma fuori le mura che evoca memorie arcaiche e restituisce sensazioni altrove impensabili: la Caffarella non è il solito parco, è un'immagine che con un solo battito di ciglia ci regala l'istantanea di una Campagna Romana autentica, senza "allestimenti", senza suggestioni indotte.
Quando nella Città Eterna tutti i latifondi erano di proprietà di alcune famiglie nobili soltanto, appena oltrepassate le porte delle Mura Aureliane il paesaggio era questo. Verde a perdita d'occhio, greggi di pecore, dossi, colline, boschetti disseminati qua e là e ruderi sparsi, splendidi e solenni nel loro abbandono.
Ma le evocazioni "sentimentali" non finiscono a questa semplice divagazione estetica. Davanti al tempio acquatico dedicato alla Ninfa Egeria (ancora più affascinante proprio perché invaso dalla vegetazione spontanea) come non pensare alla storia più antica di Roma? Fu lei l'amante del re Numa Pompilio, ormai decrepito. Amante e consigliera. Quando il re morì, Egeria si sciolse in un mare di lacrime fino a dar vita a una fonte che la mitologia colloca dalle parti del Circo Massimo, precisamente verso Porta Capena.
Ecco perché c'è un Ninfeo a lei dedicato da queste parti. Il luogo non è a caso, si trova infatti sulle sponde di un fiume sacro come lo era il Tevere, l'Almone, che ancora c'è, anche se ormai è ridotto a un ruscello asfittico.
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